Se dal 1928 al 1939 la deportazione dei tedeschi di Russia avvenne per motivi politici e sociali, la motivazione delle deportazioni cambiò radicalmente il 22 giugno 1941, dopo l'assalto inatteso alla Russia da parte dell’esercito di Hitler (operazione Barbarossa).
L'NKVD iniziò la deportazione dei tedeschi di Russia dalle regioni occidentali dell'URSS. A partire dal 15 agosto del 1941 più di 50.000 tedeschi di Crimea furono deportati più a est. Tre giorni prima, il 12 agosto, era stata presa la decisione di deportare tutta la popolazione tedesca della repubblica tedesca del Volga.
Iniziarono così i provvedimenti di evacuazione dei tedeschi di Russia dai loro insediamenti, prima che il nemico li conquistasse, e la deportazione e la dispersione di essi in territori lontani per liquidarli come minoranza etnica indesiderata.
L'elenco dei tedeschi di Russia fatto segretamente nel 1934 rese possibile procedere in modo veloce e mirato contro tutti gli interessati.Funzionari tedeschi, compresi i rappresentanti della Repubblica Autonoma Socialista Sovietica dei tedeschi del Volga, vennero arrestati e parte di questi uccisi. Di solito erano persone conosciute come simpatizzanti del Terzo Reich e vennero fucilate ancor prima della data prevista per la loro deportazione.
Il 28 agosto 1941 il Presidium del Soviet Supremo dell’Unione Sovietica emise il decreto dal titolo: “Il reinsediamento dei tedeschi che vivono nella Regione del Volga”.
“Secondo informazioni degne di fiducia, ricevute dalle
autorità militari, tra la popolazione tedesca che risiede nelle province del
Volga ci sono migliaia e decine di migliaia di sabotatori e spie che, a un
segnale dato dalla Germania, devono provocare azioni di sabotaggio nelle
province occupate dai tedeschi del Volga.
Nessuno tra i tedeschi risiedenti nelle province del Volga ha informato le
autorità sovietiche della presenza di un così grande numero di sabotatori e spie
tra i tedeschi del Volga e del fatto che, di conseguenza, la popolazione tedesca
delle province del Volga nasconda nel proprio ambiente nemici del popolo
sovietico e del potere sovietico.
Nel caso succedessero azioni diversive, organizzate da sabotatori e spie
tedesche nella repubblica dei tedeschi del Volga e nelle province confinanti su
indicazione della Germania e se avvenisse uno spargimento di sangue, il governo
sovietico, secondo le leggi del tempo di guerra, adotterà necessariamente misure
punitive contro tutta la popolazione tedesca del Volga.
Per evitare questi fenomeni indesiderati e per la prevenzione di seri massacri,
il presidium del soviet supremo ha ritenuto necessario trasferire tutta la
popolazione tedesca che vive nelle province del Volga verso altre province, e
che si dotino i deportati di terra e che si presti loro assistenza statale per
la sistemazione nelle nuove province.
Per l’alloggiamento si assegnino le province ricche di terreno coltivabile della
regione di Novosibirsk, di Omsk, del territorio dell’Altaj, del Kazakhstan e
altre località confinanti. In relazione a ciò si ordini al Comitato Statale di
Difesa di eseguire immediatamente il trasferimento di tutti i tedeschi del Volga
e di assegnare ai tedeschi del Volga deportati terra e poderi nelle nuove
province.
Il presidente del Presidium del Soviet Supremo dell’URSS. M. KalininIl
segretario del Presidium del Soviet supremo dell’URSS, A. Gorkij
Mosca, il Cremlino, 28 agosto 1941”
Più di 1.200.000 tedeschi di Russia vennero sottoposti alle direttive del Decreto. La settimana successiva alla sua emissione ricevettero l'ordine di prepararsi per la deportazione, e raggiungere i punti di raccolta con una quantità limitata di bagagli. Tra soldati dell'Armata Rossa, poliziotti e truppe dell'NKVD furono coinvolti nelle operazioni di deportazione circa 10.000 persone. Il piano prevedeva la deportazione dei tedeschi in Siberia (regioni di Krasnojarsk, dell’Altaj, di Omsk e di Novosibirsk) e in Kazakhstan. Il capo del NKVD Berija emise le direttive per l'operazione il 27 agosto, e il giorno successivo il presidio del soviet supremo sanzionò la deportazione con un apposito decreto. Con un crudele e inconsapevole paradosso, il decreto giustificava la deportazione come un mezzo per difendere la popolazione dalle severe misure che il governo avrebbe dovuto adottare "contro tutta la popolazione tedesca del Volga", se nella repubblica si fossero verificati atti di sabotaggio o di violenza.
Tra il 3 e il 20 settembre l'NKVD, la milizia e i reparti dell'Armata Rossa radunarono tutti i tedeschi della Repubblica del Volga e delle regioni di Saratov e di Stalingrado. Ogni casa tedesca fu perquisita, e i suoi occupanti trasportati su camion e automobili alla più vicina stazione ferroviaria: sui binari convogli di carri bestiame attendevano i deportati.
Furono revocati i loro diritti civili e le loro proprietà confiscate. Vennero sequestrate le abitazioni e il bestiame. Circa 50.000 tedeschi che vivevano sul penisola Crimea vennero raggruppati alle stazioni ed ai porti e successivamente, solo con un piccolo bagaglio a mano, caricati su carri bestiame e trasferiti nel Kazakistan, la “steppa della fame”, dove furono obbligati a costruire capanne di fango e attende con terrore il successivo inverno. Altri vennero assegnati alle aziende agricole collettive, dove poi dovettero trovare il modo per sopravvivere, visto che erano ritenuti “fascisti”.
Nel mese di ottobre 1941, la deportazione interessò quasi tutta la popolazione tedesca che viveva nel territorio della Russia europea e del Caucaso, non occupate dalla Wehrmacht. La giustificazione ufficiale era che occorreva proteggere i tedeschi di Russia dalla minaccia di azioni belliche provenienti dalla Germania.
Pochi giorni dopo toccò ai 380.000 tedeschi del Volga; la versione ufficiale era che lì si trovavano migliaia di spioni, collaboratori e alleati del Terzo Reich e che da questi ci si poteva aspettare delle azioni di sabotaggio.
Questo sospetto si rafforzava anche con il fatto che i nazisti ne sviluppavano reportage di propaganda. Ma le accuse di spionaggio non sono state mai dimostrate.
I tedeschi del Volga vennero trasferiti in Siberia e, più precisamente, a Novosibirsk, a Omsk e nella regione dei monti Altai. Altri trasferimenti avvennero nel Kazakistan del nord, nell’Asia Centrale.
(Nelle pagine seguenti Heinrich Dorn, Katharina Torno, Ida Schmidt, Viktor Heidelbach e Sussanne Thiessen ci descrivono come hanno vissuto la deportazione)
Le persone vennero informate dell'imminenza del trasferimento solo poche ore prima della partenza. Poterono portare con sé poche cose, che fossero poco ingombranti. Uno dei deportati sopravvissuti racconta come avveniva il trasporto:
"In un vagone, dotato di panche attaccate alle pareti su ambo i lati, venivano rinchiuse fino a quaranta persone. Ad ognuno veniva data ogni giorno un'unica razione, costituita da 0,3 litri d'acqua e una sardina. Si viaggiava per giorni, settimane, mesi; fuori la temperatura raggiungeva i 40°. Ci si fermava solo nelle varie stazioni per gettare i corpi inerti, che dovevano essere raggruppati su un lato del vagone".
Le donne russe sposate a tedeschi furono deportate con i loro mariti; le donne tedesche sposate a russi (un migliaio in tutto) furono invece lasciate con i loro mariti nella regione. Dopo la deportazione il governo sciolse la repubblica dei tedeschi del Volga, e la divise tra le unità amministrative confinanti.
La popolazione venne strappata dalla propria terra e dalle proprie case. Le famiglie vennero divise, tutti i maschi adulti vennero catturati di sorpresa e non sono più tornati. Una volta arrivati sul posto della deportazione, i genitori dovevano cercare i loro figli, i mariti le loro mogli ecc. I documenti personali venivano sequestrati e spesso il desiderio di vedere ricongiunta la propria famiglia restava disatteso ed allora la ricerca continuava vanamente (Ancora oggi, dopo la caduta del “muro” questa ricerca continua).
Anche altri gruppi etnici furono vittime di simili deportazioni, tra cui
polacchi, musulmani del Caucaso settentrionale, calmucchi, balti e tatari di
Crimea.
Le persone sono state trasportate in carri bestiame e scaricate da qualche
parte nelle steppe del Kazakistan, dove hanno scavato rifugi nella terra
guardando con orrore verso il prossimo inverno. Vennero deportate anche le donne
russe sposate con i tedeschi mentre le donne tedesche che avevano sposato dei
russi restarono a casa con i loro mariti.
il filo spinato di un campo di lavoro |
un campo lavoro in Russia |
Immediatamente dopo l’arrivo a destinazione i deportati furono messi sotto il controllo della “direzione dei villaggi speciali” del NKVD (dipartimento governativo per gli affari interni). Questi “villaggi speciali” dovevano di solito essere costruiti dai nuovi arrivati che, in parte, vennero momentaneamente alloggiati presso famiglie del posto.
Contemporaneamente ai tedeschi del Volga fu presa la decisione di esiliare 132.000 tra tedeschi e finlandesi della regione di Leningrado. La destinazione, anche in questo caso, sarebbe stata il Kazakhstan. L'operazione tuttavia non fu completata a causa dell’accerchiamento di Leningrado da parte dell’esercito tedesco. Solo nel 1946 l'esilio di tutti i tedeschi di Leningrado poté essere completato. Le altre grandi città russe furono "ripulite" della popolazione tedesca senza particolari intoppi (quasi 9.000 furono deportati da Mosca, e più di 21.000 dalla città e dalla regione di Rostov sul Don).
seconda delle varie regioni da cui le deportazioni furono effettuate,
fu permesso ai tedeschi di portare con sé dai 50 ai 200 kg di beni. Solo i
tedeschi che già vivevano in Siberia, in Kazakhstan, in Asia Centrale e negli
Urali non furono deportati in altre regioni, ma subito mobilitati in battaglioni
di lavoro forzato. Entro la fine di ottobre del 1941 era stata completata la
deportazione di tutti i cittadini sovietici di etnia tedesca che si trovavano
nel territorio sovietico ancora sotto il controllo di Mosca. In totale, 840.000
persone presero la via della Siberia e del Kazakhstan: 344 convogli avevano
attraversato l'URSS, scaricando nei luoghi di esilio circa 800.000 tedeschi,
mentre i rimanenti erano morti durante il trasferimento.
Diverse centinaia di migliaia di persone (circa 700.000) morirono durante questo periodo principalmente a causa della fatica del loro trasferimento in carri bestiame, delle condizioni pessime del lavoro, della mancanza di cibo, della mancanza di assistenza medica o del terrore psichico.Nel 1942 quasi tutti i tedeschi abili al lavoro, di età compresa tra i 14 ed i 60 anni, furono internati nei campi di lavoro (trudarmija) in condizioni disumane.
Ad altri 300.000 la deportazione fu risparmiata per l'arrivo della "Wehrmacht". In base all'ideologia razzista, l'occupante nazista garantì ai tedeschi sovietici una posizione privilegiata: le autorità fornirono ai tedeschi locali speciali carte d'identità che garantivano loro migliori stipendi, tasse più basse e razioni di cibo più abbondanti.
Dopo la riconquista dell'Ucraina da parte dell'Armata Rossa, la maggior parte dei tedeschi sovietici fuggì ad ovest, seguendo la "Wehrmacht" in ritirata. Tuttavia, alla fine della guerra gli Alleati occidentali rimpatriarono la maggioranza di coloro che erano fuggiti, consegnandoli alle autorità sovietiche. In base agli accordi presi a Yalta, che prevedevano il rimpatrio di tutti i cittadini sovietici rifugiatisi a ovest, britannici e americani rispedirono in URSS 2.270.000 cittadini sovietici, il 10% dei quali erano "tedeschi etnici". Questi ultimi, così come buona parte degli ex-soldati dell'Armata Rossa prigionieri di guerra, dopo essere passati attraverso i campi di "verifica e filtraggio", furono spediti in Siberia e Kazakhstan. In questo modo i tedeschi deportati raggiunsero il numero di 1.200.000.
Il Kazakhstan fu la principale terra di arrivo dei tedeschi di Russia, con
circa 444.000 deportati. La maggior parte di loro fu inserito nel sistema dei
"villaggi speciali". I tedeschi formarono uno degli scaglioni di deportati che
soffrì meno le condizioni dell'esilio. Essi arrivarono infatti nei villaggi di
deportati in un momento in cui questi si erano parzialmente svuotati dei
contadini deportati durante la collettivizzazione, e prima che le deportazioni
dei popoli caucasici e crimeani degli ultimi anni della seconda guerra mondiale
portassero la popolazione dei luoghi di deportazione a concentrazioni
insostenibili. A conferma di ciò, i dati sulla mortalità dei tedeschi nei
"villaggi speciali" tra 1941 e 1948 si fermano al 3,5%, una cifra nettamente
inferiore allo spaventoso 23,7% di morti tra i deportati dal Nord Caucaso tra
1944 e 1948.