Il 28 giugno 1914 il rivoluzionario bosniaco Gavrilo Princip assassinò l'erede al trono d'Austria-Ungheria Francesco Ferdinando a Sarajevo, una città della Bosnia-Erzegovina annessa all'Austria. Questa fu la causa scatenante della dichiarazione di guerra (28 luglio 1914) dell'Austria alla Serbia e che portò allo scoppio della prima guerra mondiale.
Con la fine della prima guerra mondiale l'Impero austro-ungarico degli Asburgo cessò di esistere. Ancora prima che la guerra fosse finita, le nazionalità in Austria-Ungheria erano desiderose di indipendenza. Dal suo smembramento nacquero nuovi Stati, come quello d'Austria (una repubblica che disconosceva la continuità con l'impero) e di Ungheria.
Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Slovenia, e Vojvodina vennero unite a Serbia e Montenegro per formare il Regno di Serbi Croati e Sloveni, in seguito Regno di Jugoslavia. Le regioni geografiche del Banato e della Transilvania divennero parte della Romania. Questi cambiamenti vennero riconosciuti come già avvenuti e in parte causati dal Trattato di Versailles.
A causa della distribuzione della popolazione, i nuovi confini non sempre seguirono una divisione etnica, come avrebbe previsto il "principio di autodeterminazione dei popoli". Semplicemente era impossibile stabilire un'esatta linea di demarcazione tra popolazioni che erano vissute a contatto per secoli e perciò molti dei nuovi stati dell'Europa orientale ex-asburgica, avevano delle minoranze etniche al loro interno.
Un quarto dell'etnia ungherese si trovò a vivere fuori dall'Ungheria. Tali annessioni rispondevano a criteri, importanti per l'epoca, di natura geografica o strategica.
La revisione dei confini definitivi dell'Ungheria ebbero con il Trattato di Trianon nel giugno 1920, e ciò determinò la perdita di due terzi del suo territorio. Il Banato fu diviso tra Romania, Jugoslavia e Ungheria; il Backa fu diviso tra Jugoslavia e Ungheria, e Satu Mare andò alla Romania.
La Cecoslovacchia divenne un nuovo paese sullo stile del territorio ex-ungherese. Gli abitanti dei villaggi Svevi, le cui famiglie avevano vissuto in Ungheria per quasi 200 anni si trovarono in tre paesi diversi.
Nel periodo tra le due guerre, lo stile di vita dei tedeschi nei villaggi
rurali in tutti e tre i paesi rimase più o meno lo stesso, e gli abitanti
dei villaggi isolati furono molto meno colpiti dalle preoccupazioni
politiche che c’erano nelle città. Tuttavia, l’ascesa di Hitler al potere in
Germania e lo scoppio della seconda guerra mondiale costrinse anche gli
Svevi rurali a prendere coscienza del loro status di etnia tedesca.
Dopo la pace di Trianon, i tedeschi divennero il più grande gruppo di minoranza. Anche se i trattati post-guerra, contenevano clausole che proteggevano i diritti delle minoranze etniche, la magiarizzazione continuò a fare pressione sui tedeschi. In parte come una contro-reazione, ma anche derivanti dal patto Ungherese con la Germania a causa della guerra, la consapevolezza culturale iniziò a svilupparsi tra i giovani e istruiti Svevi delle aree urbane.
Furono fondate associazioni culturali tedesche come il “Deutscher Ungarischer Volksbildungsverein” (UDV, Associazione educativa delle popolazioni tedesche in Ungheria).
Un gruppo nacque più tardi: il “Volksbund
der Deutschen in Ungarn” (VDU, Unione dei tedeschi in Ungheria), che fu più
politico che culturale e che divenne oggetto di sovvenzioni da parte dei
nazisti tedeschi, che erano desiderosi di promuovere il loro concetto di
“Herrenvolk”, o “Popolo della Grande Germania”. Il VDU fu accolto
favorevolmente dalla maggioranza dei giovani sotto i 35 anni, ma venne
respinto dalla maggior parte degli anziani “Svevi”.
La Romania ereditò un gran numero di persone di etnia tedesca a causa della prima guerra mondiale. Il crollo dell'impero austro-ungarico e la sua sostituzione con il governo di Romania portò agli Svevi del Danubio alcuni vantaggi. Alla fine del 19° secolo l'Ungheria aveva attuato un periodo di rapida magiarizzazione, durante il quale tentò di assimilare tutte le sue minoranze etniche. Sotto il governo rumeno, l’etnia tedesca potè avere scuole e chiese di lingua tedesca, e questo accadeva per la prima volta dal 1868. In Romania la cultura tedesca rifiorì: ritornò ad esserci un teatro in lingua tedesca a Timisoara, e in tutto il Banato vennero pubblicati giornali in lingua tedesca. Nel 1921 venne fondata una associazione culturale denominata “Verband der Deutschen in Rumaenien” (Unione dei tedeschi in Romania).
Sul piano economico, tuttavia, le cose, in Romania come nel resto
dell'Europa, non andarono bene . Il “Venerdì nero” e la conseguente crisi
finanziaria del 1930 colpì duramente anche il Banato Rumeno. Molti Svevi del
Danubio lasciarono il Banato rumeno per andare a lavorare in Argentina, in
Brasile e negli Stati Uniti e non tornarono mai più. Dopo il 1933, il
partito nazista guadagnò molta influenza tra i tedeschi etnici dell’Europa
orientale, compresi gli Svevi del Danubio che vivevano nel Banato rumeno.
In Jugoslavia i tedeschi istituirono scuole dove l’insegnamento veniva fatto in lingua tedesca, e formarono la “Schwaebisch Deutschen Kulturbund” (Unione culturale Svevo-tedesca).
Il partito nazista fu in grado di guadagnare influenza anche
in questo paese, come avevano fatto in Ungheria.