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la seconda guerra mondiale


in rosso lo Stato Indipendente di Croazia

All'inizio della seconda guerra mondiale, molti Svevi del Danubio servirono come militari della Romania, dell'Ungheria, e dello "Stato Indipendente di Croazia" (NDH). Lo Stato Indipendente di Croazia (1941-1945), fu uno Stato fascista fantoccio, creato dall'Asse Italo-Tedesco che aveva occupato la Jugoslavia, e dove erano residenti circa 182.000 Svevi del Danubio. In aggiunta, una zona separata autonoma del Banato venne istituita dai nazisti tedeschi che avevano occupato la Serbia (un'altra parte dei Territori occupati in Jugoslavia) e dove erano residenti circa 120.000 Svevi del Danubio.


Gli Svevi del Danubio in Ungheria

In Ungheria, con la piena approvazione del governo ungherese, gli Svevi potevano arruolarsi indistintamente nell'esercito ungherese oppure nell'esercito tedesco. I nazisti reclutarono i tedeschi d'Ungheria portandoli in Germania nei campi giovanili, scuole estive e organizzazioni sportive, dove venivano indottrinati con la propaganda. Molti giovani volontari scelsero liberamente l'esercito tedesco al fine di evitare la discriminazione che erano sicuri di ricevere nell'esercito ungherese.


logo della
22. SS-Freiwilligen
Kavallerie-Division.

L’esercito tedesco incoraggiò coloro che avevano magiarizzato i loro nomi per cambiarli di nuovo. Molti furono reclutati nelle "Waffen Schutz Staffel" (Waffen SS, la milizia militare), e più precisamente nella 22. SS-Freiwilligen-Kavallerie-Division "Maria Theresia".

Come la sconfitta tedesca divenne imminente, il comandanti militari tedeschi avviarono piani per evacuare i tedeschi etnici da molti paesi dell'Europa orientale in cui vivevano. In Ungheria, molti si rifiutavano di lasciare la sola patria che avessero mai conosciuto, ma circa 50.000, soprattutto quelli più strettamente legati alla Germania nazista, partirono nei convogli di carri trainati da cavalli. I comunisti sovietici presero il controllo del paese e, in alcuni villaggi Svevi, la maggior parte degli uomini adulti e le donne tedesche che erano rimaste vennero deportati nei campi di lavoro forzato in Unione Sovietica. Quelli che non morirono nelle dure condizioni nei campi vennero restituiti all'Ungheria nel 1946, ma non erano più i benvenuti.


Gli Svevi del Danubio in Romania


logo della
"Waffen Grenadier
Division der SS
(Rumänische Nr. 1)"

Durante la Seconda Guerra Mondiale, molti Svevi del Danubio che vivevano nel Banato rumeno, vennero arruolati nell'esercito rumeno e servirono sul fronte orientale. Dopo il 1943, un trattato tedesco-rumeno permise loro di scegliere se servire nell'esercito rumeno, o invece servire all'interno della Wehrmacht o delle SS, senza rinunciare alla cittadinanza rumena. Solo il 10% della popolazione tedesca che viveva in Romania scelse di arruolarsi nella "Waffen-Grenadier-Division der SS (Rumanische Nr. 1)" e "SS Panzer-Zerstorer Regiment (Rumanische Nr. 2)".

Alla fine furono molti gli Svevi del Danubio ad essere praticamente costretti a prestare servizio nelle SS: sentivano di essere minacciati di sanzioni contro le loro famiglie, se rifiutavano. Verso la fine della guerra, a Jimbolia (tedesco Hatzfeld), vi fu l'esecuzione di molti Svevi del Danubio che vivevano nel Banato rumeno apertamente contrari ai nazisti.


Gli Svevi del Danubio in Jugoslavia

Dopo che la Germania invase la Jugoslavia e occupò il paese nel 1941, gli jugoslavi di origine tedesca furono costretti ad arruolarsi nell'esercito tedesco. I sentimenti tra gli Svevi del Danubio, tuttavia, non erano unanimemente a favore del partito nazista, e ci furono tanti che rifiutarono l'ideologia nazista quanti ce ne furono che l’appoggiarono.

Dopo la corsa iniziale degli Svevi all'arruolamento, i volontari diminuirono gradualmente e la nuova unità non raggiunse le dimensioni di una divisione. Pertanto, nel mese di agosto 1941, le SS scartarono l'approccio volontario e, dopo una sentenza favorevole dal giudice delle SS a Belgrado, impossero il servizio militare obbligatorio per tutti gli Svevi del Danubio nel Banato Serbo e questa fu la prima volta per i tedeschi che non appartenevano al Reich.

Circa 100.000 Svevi del Danubio in Jugoslavia servirono nella divisione formata localmente dai "volontari" Svevi delle Waffen SS: la famigerata 7. SS-Freiwilligen-Gebirgs-Division "Prinz Eugen" (dal nome dell'eroe militare austriaco che aveva liberato l’Ungheria dai Turchi).

Guenther Reinecke, capo delle SS Hauptamt-Gericht (ufficio legale delle SS) scrisse a Himmler che la Prinz Eugen "non è più una organizzazione di volontari, ma che, al contrario, i tedeschi etnici serbi del Banato sono stati arruolati, per una grande misura sotto la minaccia di punizione da parte dei comandanti locali tedeschi, e più tardi dal SS Erganzsamt".


il Generale Artur Phleps
comandante della
SS Division "Prinz Eugen"

Il 7° SS "Prinz Eugen" venne impegnato nella lotta contro i partigiani della resistenza jugoslava. Sotto il comando di ufficiali del Reich tedesco, Il 7° SS Prinz Eugen divene famoso per le sue atrocità contro la popolazione civile jugoslava, in particolare durante le battaglie della Neretva e Sutjeska (1943), dove tutti i prigionieri catturati e feriti vennero uccisi. Inoltre la divisione commise diverse atrocità nella città di Niksic nel Montenegro.


Paul Hausser

Quando venne chiesto di spiegare le atrocità della 7° SS "Prinz Eugen", l’SS Oberstgruppenführer (comandante in seconda delle SS) Paul Hausser, spiegò che la divisione era composta prevalentemente da Svevi del Danubio jugoslavi, e dei circa 100.000 uomini che avevano prestato servizio nelle forze armate tedeschhe, circa 29.000 erano stati uccisi. Il totale comprendeva 2.000 prigionieri di guerra del 7. SS "Prinz Eugen" che erano stati sommariamente giustiziati dalle truppe jugoslave, che li ritenevano cittadini jugoslavi che avevano collaborato con il nemico.

Nel 1944, l'Armata Rossa sovietica liberò le zone settentrionali della Jugoslavia occupata dalla Germania, che comprendeva le zone abitate dagli Svevi del Danubio, dando così inizio all'esodo degli Svevi dalla zona. Dopo la guerra, molti dei tedeschi della Jugoslavia, che a questo punto erano per lo più donne, bambini e anziani, furono detenuti nei campi costruiti nelle loro ex città, come quelli a Knicanin e Molin.

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